ALESSANDRO RASPANTE, un 2019 sognando l'Amerique

l'intervista di Mario “Amario” Alderici


E’ iniziato all’insegna di Alessandro Raspante (e ovviamente di Talisker Horse e Roberto Vecchione) il circuito 2019 degli anziani. Raspante aveva già vinto corse di gruppo nel 2012 con Lotar Bi ma all’estero, un gruppo 2 in Austria e un gruppo 3 in Francia. E ora nel 2019 sono arrivati i successi classici in Italia con Talisker Horse nel Vittoria al rientro e subito dopo nel Ponte Vecchio in percorso esterno, è tornata la miglior Talisker, quanto va forte Ale?
“E il bello è che secondo me ancora non è al top della forma, se regge i carichi di lavoro può fare ulteriori passi avanti.”


E pensare che era una cavalla data ormai per spacciata per la carriera di corse dopo aver vinto a 3 anni il Mangelli Filly e una buona attività al montato in Francia, che problemi aveva avuto?
“E’ una creazione dell’appassionatissima famiglia Bruni (che in passato aveva avuto grandi cavalli come Echo Dei Velti e Orient Horse) sin dalla nascita, un incrocio scelto dalla signora Lelia Osti che è molto competente in materia di genealogie. E’ una cavalla che è stata un po' sfortunata per un infortunio, hanno fatto un miracolo il Dottor Sergio Orsi e il suo team e lavorando in spiaggia su un fondo soffice si è ripresa alla grande, speriamo che regga. In Francia aveva avuto un trauma discorsivo al nodello sinistro molto grave e i veterinari francesi avevano decretato che dovesse andare a fare la fattrice. Il Dottor Orsi e la sua equipue l’hanno curata, poi con il tapis roulant in acqua l’hanno riattrezzata, a fine ottobre mi hanno telefonato per sapere se ero disponibile ad allenarla al mare e ovviamente gli ho detto di sì”.


Dopo il successo nel Vittoria Talisker Horse era partente in Francia ma avete dato forfait, come mai?
“C’è stato un problema con la Francia, non ci hanno dato il box e saremmo dovuti andare a 100 km di distanza e l’indomani raggiungere l’ippodromo; i proprietari ci tenevano tanto a questa corsa ma hanno preferito per il bene della cavalla non fargli affrontare uno stress simile dopo che Talisker era stata recuperata con tanta pazienza”.


Nel precorsa del Ponte Vecchio eri incerto se mettere la maschera con i paraocchi a Talisker Horse che a tuo avviso avrebbe consentito alla tua di partire molto forte; Talisker però in tutta la carriera non ha mai avuto tra le sue caratteristiche quella di essere una provetta partitrice, da cosa intuisci che all’occorrenza saprebbe avviarsi molto svelta?
“Dal parziale violento che ha, con quella punta di velocità che ha mostrato anche a Firenze domenica non può non saper partire”.


A chi dedichi i successi di Talisker?
“Ognuno di noi ha familiari o amici scomparsi; io penso alle persone che ho perso e quando mi capita di vincere una corsa do uno sguardo verso il cielo e penso che loro siano là, seduti su un divano a saltare, a battere le mani e a fare il tifo per me”.


Quando sei nato e come nasce la tua passione ippica?
“Sono nato il 23 settembre 1973 a Palermo. La sera delle corse (che erano il mercoledì e il sabato alla Favorita) facevano una bella trasmissione su un’emittente locale, dove ti facevano vivere l’ippica, la conduceva Fofò Montalbano che oltre a far rivedere le corse ha fatto veramente amare l’ippica, era un giornalista tipo te sanguigno, appassionato, competente e acceso nei commenti; io la guardavo con mio zio e già all’età di 3 anni attaccavo i lacci alle sedie e con un ramo a mo’ di frustino sognavo di fare il driver mimando il loro assetto in sulky. Casa mia era proprio di fronte all’ippodromo di Palermo e il passo è stato breve: con Marcello Di Nicola, Salvo Rosta e altri ci ritrovavamo a correre nel pistino interno, prima a piedi poi quando eravamo un po’ più grandi con i motorini, e facevamo pure le scommesse tra noi, pur marinando talvolta la scuola per l’ippodromo ho preso la maturità scientifica ma la mia passione erano i cavalli, ho fatto anche salto e equitazione”.


Infatti ti ricordo molto bravo anche al trotto montato, come mai poi hai smesso?
“Perché questa disciplina per un certo periodo in Italia fu abbandonata. Quando ho iniziato comprai la sella di Jean Michele Bazire tramite Maurizio Cheli e sua moglie, vinsi due corse su dieci. A dire il vero ci ho pensato di riprendere ma bisogna essere preparati fisicamente. Quando iniziai a correre tra i gentlemen e al trotto montato venivo da 10 anni di atletica leggera, avevo le gambe muscolate e forti e un fisico allenato, ora ho 45 anni, le cose vanno fatte per bene, se non sei allenato al montato rischi di squilibrare i cavalli e quindi o mi rimetto ad allenarmi bene o è meglio non farlo più il trotto montato”.


I tuoi primi maestri.
“Ho iniziato a frequentare le scuderie di Enzo Fasciana che era un lavoratore bravo e competente da cui iniziarono anche Fabrizio Ciulla e Natale Cintura, di Franco Tranchina (che aveva Ubrion Di Casei che io montavo la mattina a sella o portavo a lavorare al mare) e di Adolfo Grasso con cui ho vinto la mia prima corsa; poi ho collaborato con Biagio Lo Verde, gli facevo i partenti, io i primi anni da gentlemen avevo già un mio parco cavalli e gli chiedevo mille consigli su come ferrarli e allenarli; Biagio era sempre a disposizione per insegnare, garbato con tutti, il più grosso uomo di cavalli che ho conosciuto nella mia vita, Dio gli aveva dato il dono di capire un cavallo in un attimo squadrandolo; e anche il figlio Gaspare è riuscito a fare sue le indottrinate di suo padre, soprattutto con i cavalli giovani li sa aspettare con calma e tranquillità e li sa plasmare”.


Gli inizi in pista tra i gentlemen sono stati ottimi.
“Nel 2002, dopo che un amico mi aveva convinto a prendere i colori e ad iniziare l’avventura come gd, con Bradbury Lg quarto all’esordio, primo alla seconda corsa”.


Grandi sensazioni?
“Caratterialmente sono molto freddo sia nelle vittorie che nelle sconfitte (talvolta posso arrabbiarmi se subisco una scorrettezza ma so applaudire l’avversario se è più forte di me e mi batte). Quando vinsi la prima volta finì la corsa e Adolfo Grasso, che allenava il cavallo, mi chiese se non ero felice e perché non avessi alzato il frustino o esultato in qualche maniera, ma io ero tranquillo, salutai e andai in piscina a nuotare. Fare atletica (facevo i 100 metri, ho fatto 11”3) mi aveva già abituato a gareggiare, all’agonismo”.


Sei partito con una grande percentuale di successi (5 primi su 11 uscite a inizio carriera) e negli anni successivi hai vinto 4 volte la classifica gentlemen.
“Ero ormai da tanto tra i cavalli, non ho mai avuto paure, poi andavo in pista preparato sulle caratteristiche dei cavalli. Nel 2004 sono arrivato secondo dietro Zaccaria, nel 2005 ho fatto il record del mondo di vittorie tra i gd con 157 su 404 corse, è ancora record del mondo, un gd tedesco ha fatto 201 primi ma sommando le corse gentlemen a quelle che faceva con i professionisti”.


La vittoria più bella?
“Il Federnat del luglio 2007 con l’accoppiata di scuderia, primo io con El Più Light, seconda la mia compagna Elena Bruniera con Vediomar. Qualche giorno prima di quell’accoppiata Elena (che avevo conosciuto grazie all’ippica) era venuta a vivere con me; quella corsa ha fatto scattare un meccanismo nella nostra storia d’amore e ha dato inizio alla nostra convivenza. Anche nell’amore il buon Dio mi ha aiutato, io sono fatalista, credo di avere delle buone qualità e il destino ha fatto sì che queste qualità potessero emergere, ci sono stati momenti che sembrava che mi si chiudesse la porta in faccia e invece si chiudeva una porta e si apriva un portone”.


Avevi già lasciato la Sicilia trasferendoti al nord, come mai?
“Dopo una corsa in professionisti (non lo guidavo io) di Bradbury Lg successe una gran gazzarra nelle scuderie e capii che all’ippodromo di Palermo tranquillamente non si poteva stare, così presi armi e bagagli e partii. I miei genitori mi hanno aiutato economicamente e mi piacevano le piste piccole, dove l’abilità di un driver può sopperire ai limiti del cavallo”.


E chi trovasti come maestro?
“Loris Farolfi, un fenomeno a insegnare, gli devo tantissimo. Quello a cui per la carriera gentlemen devo di più è Paolo Romanelli che mi affidava i suoi cavalli, spesso tralasciava di guidarli lui in professionisti per farmeli guidare tra i gentlemen e non finirò mai di ringraziarlo per avermi fatto conoscere al grande pubblico con tante vittorie con i suoi allievi, però per i cavalli miei collaboravo con Loris Farolfi ad Altedo presso Stefano Mutti e da Loris ho imparato tanto sia come allenatore sia come guidatore, sul come girare tra i nastri, come mettere a rete i cavalli, come prendere partenza lanciata”.


Poi nel 2012 sei passato professionista, perché?
“In gentlemen ormai avevo vinto tutto e non avevo più stimoli”.


Ti piace di più allenare o guidare? E a cosa ti senti più portato?
“Ho più soddisfazione ad allenare perché come diceva il buon Biagio chiunque può guidare bene un cavallo ben allenato, ma chiunque non può allenare bene un cavallo. Se avessi in scuderia un mio sosia che si alzasse alle 4 per allenarmi i cavalli secondo la mia tipologia, impostandoli liberi, lunghi, senza freno (siamo stati io e Paolo Borin a provare questa impostazione), andare nei paddock, ferrare i cavalli se hanno perso un ferro, guidare il van per arrivare all’ippodromo e io potessi svegliarmi alle 8 tranquillo e riposato per poi arrivare all’ippodromo a guidare farei il catch driver; chi fa solo il catch driver è agevolato perché in pista bisogna arrivarci belli lucidi e riposati. I miei cavalli li conosco bene e se c’è da guidarli li guido ma sono come se Zola va a tirare un rigore sapendo di non essere un mediocre e quindi lo tira, ma se gli si avvicina Maradona lo lascia volentieri far tirare a lui”.


E’ per quello che talvolta ti affidi a catch driver nonostante la tua alta percentuale di vittorie?
“Se ritengo che con quel catch il cavallo possa rendere meglio che a me sì; Isaak Bi come rendeva a me non rendeva a nessuno e allora anche se ero stanco stringevo i denti e lo guidavo in qualsiasi parte d’Italia, andava preso in un certo modo e eravamo affiatati, tutti e due piccolini, sentiva molto me e la mia voce. Non farei guidare i miei cavalli a chiunque, ma quando ho a disposizione un catch driver che può guidare un mio cavallo meglio di me lo utilizzo. Io mi sveglio in orari compresi tra le 3 e le 5, quando riesco a prendere fiato lo faccio, ti ricordi quando Marranini nelle cronache di Follonica diceva: adesso bisogna prendere solo in mano e graduare? Anche io se riesco a risparmiare qualcosa poi do il parziale, come i cavalli”.


Come ha fatto Vecchione nel Ponte Vecchio con Talisker Horse.
“Esatto, a meno che non hai un cavallo che deve andare sul passo come Lotar Bi, devi sempre cercare di tenere qualcosa in mano per il parziale finale. Vecchione poi con i miei cavalli è un fenomeno, paragonabile a Maradona nel calcio; senza fare nomi l’anno scorso avevo in scuderia un cavallo di un collega che lo volle affidare in corsa a un grande guidatore ma ruppe e, scendendo dal sulky, questo driver disse al collega che mi aveva affidato il cavallo in allenamento che era zoppo, cosicché lo volevano portare via dalla mia scuderia, io gli dissi: fammelo dare partente la prossima settimana; corse con Vecchione una prova sui 2400 metri, tutta strada di fuori scoperto e vinse respingendo un cavallo che aveva appena vinto una classica. Io quando ingaggio un catch driver ci tengo a presentare il cavallo in ordine tanto la percentuale me la pagano chiunque sia in sulky, ma Vecchione me li fa rendere un secondo in meno degli altri, l’unico oltre a lui che ha ottenuto grandi risultati con i miei cavalli è stato Alessandro Gocciadoro che ha vinto 4 tris su 5”.


Soffri di più quando sei in sulky o quando sei a bordo pista con il tuo cavallo guidato da un altro?
“Quando sono in sulky sono freddo, anche quando arrivammo secondi nella consolazione del Lotteria con Lotar Bi (dietro Owen’s Club che fece il record italiano di 1.10.4) ci stavamo per allineare dietro l’autostart e Elena mi faceva notare le decine di migliaia di persone sulle tribune ma per me ce ne poteva essere anche 100mila, non mi influenzano, il mio unico pensiero era mettere a rete Lotar per partire senza perdere troppi metri. Quando sono a bordo pista se un mio cavallo lo guida Elena o Vecchione non soffro, se lo guida qualcun altro un po’ sì”.


i scommettitori un rapporto non sempre rose e fiori, qualche polemica sui social.
“Ringraziando Dio io non ho economicamente bisogno di corse fatte, se mi offrissero un milione di euro non tirerei mai indietro in una corsa, non ne ho bisogno fortunatamente; nella corsa incriminata, che vinse in testa l’altro mio cavallo di scuderia Paco, su Lotar Bi ci salii io perché aveva sbagliato due volte a Dell’Annunziata e volevo capire cosa c’era che non andava, Lotar sulla prima curva voleva mordere Battista Congiu, lo tirai su e sbagliò, mi squalificarono, inseguii da squalificato per capire cosa non andava in Lotar (e infatti poi tramite un check up generale con il veterinario arrivammo alla quadra e vinse le due corse successive) e mi si accusò di essere rimasto in fondo al gruppo, forse non avevano capito che io ero squalificato”.


Il vecchio Lotar Bi a 14 anni lo rivedremo ancora in pista?
“Sì, sta facendo un po’ di riposo perché, anche se mamma lo ha fatto forte, ha la sua età e bisogna andarci cauti, rientrerà a maggio - giugno e farà un paio di corse di rodaggio nelle quali sconsiglio di giocarlo e poi a Cesena cercheremo per il terzo anno consecutivo di vincere la prima e l’ultima tris, anche qui proviamo a dare una dritta agli scommettitori. A proposito, io nel Vittoria dopo aver dichiarato pubblicamente la mia fiducia in Talisker Horse l’ho vista a 26 e l'ho giocata”.


Il tuo cavallo del cuore?
“Vediomar e Zonte, Vediomar è il nostro vecchietto di 25 anni ed è ancora con noi (comunque i cavalli a fine carriera li regalo mandandoli a stare bene quando non restano con me) con la sua pensione e il suo paddock, mentre Zonte purtroppo è scomparso; in pista, anche quando io sbagliavo, loro riuscivano a correggere i miei errori, ti aiutavano tanto in corsa. Ovviamente anche Lotar Bi che mi ha dato tante soddisfazioni”.


Il cavallo più forte che hai avuto?
“Leggendario, che vinse nel 2011 una tris a Bologna in 1.14.1 sul doppio km che era il terzo tempo di sempre dopo Varenne e Record Ok; lui a 3 anni aveva avuto una frattura gravissima al ginocchio destro altrimenti sarebbe diventato un crack. Un giorno lo lavorai in spiaggia e fece 1.09.4 un km”.


Dove alleni attualmente i cavalli?
“Al mare a Marina Romea, nella campagna di Ravenna, un’oasi di pace lontana dai rumori con paddock grandi, ce ne sono due da un ettaro ciascuno; era un ex allevamento dei cavalli targati Stem di Stelio Miserocchi, tra l’altro nell’anno record delle vittorie con un puledro allevato qui, Zubi Stem, vinsi 6 corse su 6; qui poi c’è stato un centro di addestramento per cani, quando questo ha traslocato il figlio di Miserocchi, Stefano, mi ha detto se mi interessava e l’ho affittato subito, i cavalli qui sono rilassati e rendono al meglio”.


Lavori solo con i cavalli anziani?
“Sì, per i puledri meglio la pista, questo è un lavoro adatto ai cavalli da 4 anni in su e già ben formati, cavalli tamugni diciamo noi, è un allenamento duro. Il miglior doping per i cavalli è l’allenamento”.


Come li lavori?
“Porto sul mare Adriatico tre cavalli al giorno, uno a sella e due al ghig. Il lavoro dipende molto dal cavallo, dai problemi che ha e da ciò che tu vuoi che faccia; se deve fare riabilitazione gli faccio fare tanta acqua, quando devo fare velocità aspetto la bassa marea. Il mare è un toccasana per le articolazioni, va saputo usare e dagli errori modifico il mio credo migliorando, non si finisce mai di imparare, soprattutto con i cavalli; Biagio Lo Verde mi diceva: Alessandro ricordati sempre che nei cavalli due più due non fa quattro, sta alla tua sensibilità capire se ci hai azzeccato nel ferrarlo e nell’allenarlo”.


Quanti cavalli hai in scuderia?
“Sette. Oltre ai già citati Lotar Bi (che però in questo momento sta riposando a 20 chilometri da qui, all’allevamento Ghiral di Ghirardini) e Talisker Horse ho Paco e Radenska D’Aghi che vivono insieme in paddock e essendo castrone e femmina vanno d’accordo a parte quando a volte si menano per il cibo, Star Grif Italia che è stata sfortunata di recente ed è pronta per vincere, Zero Veltri che dovrebbe correre a fine mese e Tarantella Ferm che dovrebbe rientrare a fine marzo”.


Da chi è composta la tua scuderia?
“Da me e Elena che è un punto fermo nella nostra azienda familiare perché ha una grandissima passione e con cui ho creato una grande sinergia lavorativa, poi ho dei ragazzi che a turno ci danno una mano per le pulizie o per andare a sella (Lisa, Margherita, Giacomino e Sergej); poi ho un ottimo maniscalco come Gianluca Battistini”.


Hai degli hobby?
“No, il mio hobby sono i cavalli”.


Il tuo pregio?
“Quello di sapere perdere, se una giornata va storta penso subito al domani senza piangermi addosso e cerco nella sconfitta le motivazioni per la futura vittoria”.


Il tuo difetto?
“Pretendo troppo da me e dal mio fisico, a volte bisogna darsi una calmata perché se ne pagano le conseguenze, io ho anche una piccola ernia, bisogna anche saper tirare il fiato. Elena mi dice che sono troppo sognatore ma quello non so se è un difetto, sognare è bello, non costa nulla ed è uno stimolo; se non sogni questo lavoro non lo puoi fare, i sogni ti spingono a stringere i denti di fronte agli ostacoli”.


Sogni futuri?
“Il mio sogno più grande è vincere l’Amerique”.


Non partecipare ma vincerlo?
“Certo, io non voglio partecipare, io voglio vincerlo. Se Lotar Bi avesse imparato a girare svelto qualche anno fa quando era al top della forma non dico che avrebbe vinto l’Amerique ma avrebbe fatto la sua figura anche lì. Secondo me visto il periodo in cui si corre non è un sogno impossibile vincere l’Amerique, perché se un cavallo viene da me a novembre - dicembre preparato per quella corsa, allenato qui al mare senza piste ghiacciate si può mirare bene all’appuntamento di fine gennaio. A me venne da ridere quando betflag a inizio dicembre scrisse che i miei cavalli vanno poco d’inverno, i miei allievi d’inverno vanno più forte perché li posso allenare. Secondo me l’Amerique non è un sogno impossibile, ho il posto adatto per preparare l’evento, ho il Dottor Orsi che me li segue, Vecchione che me li guida. Pensa che doveva venire da me a ottobre Voltygeur De Myrt per il Palio dei Comuni e avevamo come obiettivi Vittoria e Amerique, poi tutto sfumò, ma come ti dicevo prima il destino fa sì che si chiuda una porta e si apre un portone e dopo due giorni che mi avevano comunicato che Voltygeur non sarebbe venuto ho ricevuto la telefonata che mi sarebbe arrivata Talisker Horse. Se credi in un sogno il destino ti aiuta”.


Speranze future?
“Che l’ippica italiana riprenda e secondo me riprende, sono fiducioso che il Ministro ci farà andare avanti bene, ci vuole del tempo e le polemiche improvvisate non mi trovano d’accordo. Come ti ho detto sul vincere l’Amerique anche questa non è una cosa impossibile, basta il buonsenso e la volontà di cambiare tante cose. Ho fatto 800 vittorie, ne baratterei la metà purché l’ippica tornasse ad essere quella di quand’ero ragazzino”.



Nella foto Raspante accarezza la sua Talisker Horse

ALESSANDRO RASPANTE, un 2019 sognando l'Amerique

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